Lo studio professionale associato: coinquilini o organizzazione?

Lo studio professionale è – a tutti gli effetti – una piccola azienda, e come tale dovrebbe comportarsi. In particolare i titolari di uno studio dovrebbero acquisire consapevolezza del fatto che nella loro professione sono chiamati, oltre che ad esercitare un “ruolo tecnico”, anche a ricoprire un “ruolo manageriale” che non è da considerare meno importante ai fini del raggiungimento dei propri obiettivi di business.

 

STUDIO PROFESSIONALE

 

Uno studio professionale (legale, fiscale, medico, di consulenza del lavoro, ecc.) è, a tutti gli effetti, un’organizzazione; in particolare con questo termine abitualmente ci si riferisce

[…] ad ogni realtà produttiva in cui, a prescindere dalle configurazioni contrattuali o societarie in essere tra i soci e i collaboratori, più persone cooperano al fine di raggiungere un comune risultato di business.

Frequentemente invece l’idea di sé che – più o meno consapevolmente –  alberga nella mente di chi, reduce dal proprio percorso formativo e di apprendistato, inizia la carriera professionale, è quella del “battitore libero“.

Non a caso la locuzione della lingua italiana utilizzata per definire le professioni intellettuali è quella di “libero professionista“, laddove il termine libero lascia intravvedere un roseo futuro fatto di totale autonomia e indipendenza.

Se questa impostazione, seppur al netto dell’euforia di chi inizia finalmente la propria carriera, poteva essere persino vantaggiosa fino ad alcuni anni fa, con il cambiamento epocale del mondo del lavoro generato da un lato dalla crisi economica e dall’altro da un evoluzione culturale e tecnologica sempre più spinta e – per certi versi – imprevedibile, muoversi oggi sul mercato delle professioni intellettuali con un approccio da “cane sciolto” è da considerarsi come un handicap piuttosto che come una condizione desiderabile.

Molti clienti che incontro si trovano oggi a lavorare in una situazione (organizzativa) paragonabile ad un limbo, che è quella dello “studio professionale associato“. La configurazione maggiormente diffusa di questa tipologia associativa è da considerarsi a mio giudizio ancora fondamentalmente primitiva; uso questo termine per riferirmi a quella concezione per la quale l’oggetto della “associazione” tra i professionisti è simile a quella di due o più coinquilini.

Essere associati in questo caso vuol dire, di fatto, dividere le spese dell’affitto dello studio e lo stipendio di una segretaria. Ovviamente i clienti sono – rigorosamente – separati, e ognuno fattura per sé (sul lato entrate non si è più coinquilini, ma anzi ci si guarda “in cagnesco”).

Il fatto che, al contrario, il risultato prodotto dall’unione di più individui sia superiore alla somma dei risultati dei singoli è invece una legge di mercato ormai assodata e incontestabile con la quale anche coloro che esercitano le “libere professioni” devono fare i conti.

L’associazione, se è il presupposto per la creazione di un’organizzazione, deve riversarsi su tutti i fronti:

  • le uscite: i vantaggi sono evidenti, basti pensare ad un semplice concetto di economie di scala.
  • le entrate: l’obiettivo cui si tende è il fatturato  dello studio, che verrà poi ripartito tra i soci in base ad accordi specifici che terranno conto, ad esempio, delle ore lavorate, degli obiettivi raggiunti, dei clienti acquisiti, ecc.
  • la clientela: anch’essa è “dello studio” e non del singolo professionista. Un cliente che oggi viene per un tema che tratto io, può domani avere un bisogno che è in grado di essere soddisfatto dal mio socio: essere attenti a questi bisogni (e non solo a quelli afferenti alla propria sfera di competenza) significa pensare al bene dell’organizzazione che, a cascata, generà maggiori risultati per i singoli.
  • i collaboratori: se i titolari operano per il bene comune trasmetteranno questo atteggiamento anche al personale di studio, con evidenti vantaggi.
  • la comunicazione: passare da un approccio comunicativo da singolo professionista ad uno da azienda comporta vantaggi sul fronte della relazione con il cliente, dell’immagine, dell’appetibilità sul mercato, del prestigio, ecc., tutti fattori facilmente “monetizzabili”.

Con questo post vogliamo inaugurare una serie di interventi – specificamente dedicati alla realtà dello studio professionale  – con l’obiettivo di fornire alcuni spunti di riflessione che speriamo siano utili per lo sviluppo e la crescita delle realtà più ambiziose ma, magari, meno strutturate.

Stay tuned!

 

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